domenica 16 aprile 2017

Pasqua 

Significato


Prof. Antonio Carannante 


Già solo la parola,lasciata così,sola e cruda,sembra possedere quel"MysteriumTremens"
che,riferito già solo a Dio,attrae e inquieta insieme.
Dico però già subito per i più sprovveduti,che quell'accenno di inquietudine è lontano mille miglia dalla paura che si prova davanti al male!Scanso così un iniziale equivoco che è sì ingenuo ma anche malefico perché tipico di una "societasscoraggiantemente impreparata al soprannaturale tanto da essere alla mercé di qualsiasi burattinaio.Con la Pasqua,così come anche per il Natale,la inquietudine è solo manifestazione nostra di quella consapevolezza che il Trascendente ci sovrasta infinitamente:davanti a tale nostra mancanza di strumenti di misura,ci pervade,ma soavemente,quello che una volta si chiamava il Santo Timor di Dio.
Ma veniamo adesso a cosa sia ciò a cui ci impegna coerentemente Pasqua!
Se Natale ci impegna all'osservanza nella fede di Dio che si uomo piccolo piccolo(e scusate se è poco!),Pasqua ci vincola all'osservanza della fede che quello stesso Dio,naturalmente nella sua forma umana,decide di sottostare alla sofferenza di quella passione,quella morte,e esplodere nella misteriosa gloria della Risurrezione.
Tentando da parte mia di individuare un termine che sia sintetico ma centrale ed esemplificativo,dirò adesso di un termine molto conosciuto ma non per questo rispettato semmai abusato,"Responsabilità".Tutti conosciamo questa parola ma temo che tante volte se ne stravolga il senso,addirittura lo usiamo quasi come sinonimo di "privilegi",Ad esempio si sente dire:"Quello è un uomo di responsabilità" intendendo con ciò che è uomo avanti nella scala sociale e che può avere dei privilegi.In verità questa criteriologia mondana di valutazione è desolantemente inadeguata alla bisogna e foriera dei peggiori risultati,come è evidente oggigiorno.
Basterebbe invece ricordare che "responsabilità" è termine
 che derivando indirettamente dal latino "respondeo", semplicemente significa rispondere ovvero adeguare il proprio atteggiamento di fondo davanti alla vita,secondo il riflesso di quella proposta radicale e globale che ci viene sia da Pasqua che da Natale
Che quindi le scelte di fondo siano conformi alla credenza di Dio che si fa uomo ,e poi soffre e muore il croce e risorge preparando la stessa strada per tutti noi!
Sia lodato ,viva Cristo Re.Pasqua 

lunedì 9 gennaio 2017

In uscita il libro di don Nicola Bux edito dall'Editoriale il Giglio.

Copertina del libro di don Nicola Bux "Come andare a Messa e non perdere la fede"

di Antonio Carannate*

Trovo assolutamente condivisibile il contenuto espresso da don Bux nel suo testo in oggetto. Già il titolo, intrigante  nella sua forma, sollecita a rincorrere il fine ultimo sotteso ad ogni azione liturgica o pastorale, e cioè la saldezza della nostra fede. Si tratta semplicemente di guardare alla realtà di come viene celebrata la S.Messa nella maggioranza dei casi ordinari e di come vi partecipa la gran parte del popolo di Dio. Da questa semplice osservazione della realtà si tocca con mano  che la partecipazione alla S.Messa paradossalmente può divenire occasione non di arricchimento ma di impoverimento spirituale.Ciò è incontrovertibile quando si assiste ad abusi liturgici nella Messa. Un esempio di questi abusi? Li cito così come mi vengono in mente alla rinfusa, tanto è evidente il loro essere controproducenti per la edificazione spirituale. Innanzitutto ricordiamo la sistematica omissione di ripresentare al popolo di Dio la S.Messa come il sacrificio di Cristo; seguono poi tanti altri abusi del celebrante racchiudibili  per esempio in un  certo senso di protagonismo umano manifestato in frasi prolisse e, fuori contesto nell'ambito della celebrazione e a cui fa il paio un certo atteggiamento indotto fra i partecipanti alla S.Messa quale potrebbe risultare quel battere le mani rivelantesi come gesto teatrale assolutamente deviante, stante lo scopo precipuo della celebrazione stessa. In una trasmissione radiofonica di Radio Maria, ascoltai un altro liturgista,padre Ildebrando Scicolone che, in un tono insolitamente alterato,sbraitava contro chi sosteneva che la S.Messa sia la riproposizione del sacrificio di Cristo a scapito del concetto di S.Messa come cena conviviale. Ignoro se don Scicolone avesse in mente la persona di don Bux o parlasse solo in generale. 
Nella foto don Nicola Bux
Ho aspettato trasmissione radiofonica di don Nicola Bux seguente dopo una settimana  quella di don Scivolone  don Bux ha tenuto la sua catechesi senza nemme sfiorare l'eventuale controversia che io potevo ipotizzare tra i due liturgisti. Meglio così:per quanto mi riguarda io continuo a prendere il meglio delle catechesi di don Scicolone come di chiunque,ma restai contrariato da quel tono eccezionalmemte stizzoso che don Scicolone adoperò nella fattispecie. Anche se capisco il suo tendere all'equilibrio tra significato di sacrificio e significato di mensa conviviale riferiti alla S.Messa, io mi permetto di sostenere teologicamente una certa premineza della riproposizione della S.Messa quale sacrificio di Cristo, al quale significato poi si può e si deve collegare il senso di partecipazione alla mensa ma intesa come modalità privilegiata, costituendo il cibarsi del Santissimo Corpo di Cristo,per associarsi al sacrificio di Cristo tutto teso alla nostra salvezza eterna che poi è il fine ultimo del sacrificio stesso.

*Riceviamo e pubblichiamo una riflessione di Antonio Carannante

N.b Chi vuole aquistare il libro può richiederlo editoriale il Giglio: qui

l'Epifania

l'Epifania è la dichiarazione al mondo dell''Incarnazione di Dio 





di Antonio Carannante

Si sente sempre dire che l'Epifania tutte le feste porta via. Come "detto" sbrigativo e facente rima può senz'altro andar bene. Credo però che non si tenga in dovuto conto l'importanza tutta specifica di questa festa. Se Natale è l'Incarnazione di Dio ed è tutta già compresa nel suo significato proprio, l'Epifania è la dichiarazione al mondo di tale significato. Questo lo si poteva già desumere dal significato etimologico del termine greco "Epifania". Il fatto che ci tocca però, è che nella manifestazione del significato del Natale,e cioè nell'Epifania è comunque insito il fine di tale manifestazione,ovvero la rispondenza del mondo al Natale. Insomma è il momento probabilmente più solenne in cui ci viene chiesto se abbiamo capito il Natale e se vi corrispondiamo.
Giotto. L'adorazione dei Magi. Cappella Scrovegni a Padova. 
 A me piace pensare a una analogia.Io la metterei così: scusandomi per il linguaggio alquanto improprio, diremmo che Natale sta ad Epifania come Battesimo sta a Cresima.Cosa significa? Natale è il Fatto importante in cui credere, Epifania ne è la manifestazione e implica la nostra risposta al Fatto; così il Battesimo concerne tutte le cose in cui credere e che ci vengono donate,la cresima è la nostra parte attiva in cui ci impegniamo alla pratica susseguente alla Fede che professiamo.Come si può notare,è sempre sottolineata la nostra rispondenza umana al Divino ,cioè è sempre l'uomo e non Dio il problema;è sempre tutto un fatto antropologico ciò che bisogna guardare nelle religioni storiche,Intendo dire che per guardare a una religione serve più guardare all'operato di quegliI uomini che obbediscono alla propria religione anziché ciò che essi dicono del loro dio. L'ultima considerazione può servire proprio quando si paragona la Religioine Cristiana alle altre!

sabato 31 dicembre 2016

L'anno che verrà

L'anno che verrà: Analisi sociologica del fenomeno dell'immigrazione.



di Antonio Carannante

Questi giorni di attesa dell'anno nuovo mi hanno fatto venire in mente il titolo del brano del noto cantante Lucio Dalla "L'anno che verrà". Non intendo parlare dell'anno nuovo, però c'è tutta un'attesa di novità vere, non certo di quelle chiacchiere che i questi giorni ogni anno andiamo ripetendoci con asfissiante regolarità. Perché tanta attesa? Perché c'è tanta grassa abbondanza di segni dei tempi. Una volta era più difficile notare i segni dei tempi, ma oggi, dopo tanta inerzia, è come se i segni dei tempi si fossero accumulati e condensati. In un articolo giornalistico non sarebbe allora possibile parlare di tutto, ma concentrarsi in breve su un singolo fenomeno quale è quello della migrazione di massa sì. In primo luogo si smetta di paragonarlo all'emigrazione che ubbidiva  a particolareggiate necessità di importo di lavoro da parte del paese di immigrazione il quale disciplinava regolarmente l'afflusso e la sistemazione dei lavoratori stranieri. Infine non si accenni alla necessità di salvare gente in mare, perché questo è come avere l'arroganza di spiegare e risolvere un problema  partendo non dall'inizio ma guardando nel mezzo e "sparando sul mucchio" tra le cose da dire. 
L'infografica illustra le rotte dell'immigrazione
La verità è che c'è gente, troppa, la quale di sua spinte  prende l'iniziativa di partire da casa per quella che già subito è una vera e propria avventura di segno negativo. Infatti si tratta di viaggio di parecchie migliaia di chilometri, percorsi con mezzi di fortuna e pagando per di più persone che sarebbero sempre pronte a uccidere; tutto questo mentre il paese d'arrivo sappia niente e, dopo l'eventuale arrivo se morte non sia sopravvenuta, continua a sapere poco o niente di queste persone e per lungo termine. La parola "lavoro" come modalità di attrattiva è completamente sparita, mentre è apparsa come parola pressoché 
Uno dei modi entrare verso l'Italia e via mare.
obbligatoria,"accoglienza". Le classi dirigenti italiane non avrebbero bisogno di particolare ingegno per concordare con la presente analisi: sospetto che le classi dirigenti, mai come adesso così scollegate con la popolazione comune, sarebbero ben contente di un ricamnbio etnico anche parziale su territotio italiano, perché ciò sarebbe in linea con l'ubbidienza ai princìpi massonici secondo i quali bisognerebbe battere la tradizionale caratterialità degli Italiani notoriamente  intessuta di cattolicesimo!

sabato 24 dicembre 2016

Natale: Il Santo Natale significa l'incarnazione di Dio

di Antonio Carannante


Il Santo Natale significa l'incarnazione di Dio. A Pasqua ricordiamo il perché di questa Incarnazione,attraverso la Passione, Morte e Risurrezione di quel Dio fattosi uomo. Tutto questo noi lo sottolineiamo nella recita del Credo in tutte le Sante Messe festive. Nonostante la straordinarietà dell'Evento, la nostra mente umana riesce a comprendere attraverso una mirata e pervicace Evangelizzazione, dove magari percepisce la necessità dell'Evento per il bene dell'uomo.
Nel nostro Evento però, la vera difficoltà è altrove:noi non sappiamo adeguare la nostra prassi alla teoria che con tanta fatica abbiamo fatto aderire alla Verità. Il fatto è che la nostra natura umana pur tendente al suo fine proprio, che è appunto Colui che l'ha creata,è ferita e insufficiente ad adeguarsi alle conseguenze di vita rispetto alla retta credenza. Non è allora tanto difficile a capire che la nostra vera unica speranza è di chiedere proprio al Creatore quell'aiuto a ben operare nell'ortoprassi, e non pregare dio per propri benefici secondo le nostre vedute le quali già abbondantemente hanno dimostrato le proprie ristrettezze. Infine si tratta di evitare, con l'aiuto di Dio, che l'uomo diventi schizofrenico tra la buona credenza e la cattiva prassi, ciò che poi non sarebbe appunto nella sua natura umana. In conclusione è tutto relativamente facile a capirsi, ma non altrettanto nell'agire: vorrà dire che è lì  maggiormente richiesto l'ausilio di Coilui che tutto sa!  Attenzione allora alla superficialità del materialismo ed economicismo, così come è in Occidente, indegna dell'uomo!

lunedì 12 dicembre 2016


Giorgio Albertazzi

Attore di teatro e di chiarissima fama poteva recitare degnamente il teatro greco antico

di Antonio Carannante

Giorgio Albertazzi fu ufficiale nella Repubblica Sociale di Salò. La sinistra intellettuale italiana, mai tenera con chi la pensa diversamente da essa, operò un'eccezione pressocché unica nei confronti di Giorgio Albertazzi: non gli fece pesare il suo passato ma gli tributò anzi onori. Sono quasi trascinato a dire che la sinistra italiana fosse necessitata a fare così a causa della singolarissima e veramente unica personalità dell'artista. 
Giorgio Albertazzi
Ho citato apposta l'atteggiamento della sinistra italiana per offrire un indice che potesse incamminarci nella ricerca del livello di altezza di questo protagonista della cultura globale. In un mio precedente scritto ebbi a dire che solo un attore di teatro e di chiarissima fama poteva recitare degnamente il teatro greco antico il quale funge anche, a mio personale avviso, come il più alto metro di valutazione riguardo la profondità artistica dell'attore. Ci sono tanti altri attori che vivaddio erano in grado di calcare la scena di un'antica tragedia greca: ciò avveniva soprattutto quando Albertazzi era giovane; oggi molti artisti di allora sono morti o impossibilitati a recitare a causa dell'età.

Attualmente ricordo essere rimasto soltanto Umberto Orsini come ultimo dei maestri di teatro, come oggi si chiama una personalità da par suo. Per ciò che riguarda Albertazzi il punto è un'altro: non si tratta solo di recitare anche se al massimo livello possibile; altri hanno o avevano il pieno possesso della capacità tecnica, altri ancora hanno o avevano una caratterizzazione magarti troppo istrionesca. Ma allora quale è il senso equilibrato di investire la propria personalità nel teatro! Più che una professione tecnicamente ineccepibile, viene fuori adesso che è tutto l'essere globale dell'attore. che si stabilisce al centro non solo del personaggio da interpretare  ma anche dell'intera storia da rappresentare:siamo in un ambito pressocché mistico così come era mistica l'aura in cui nasce la tragedia greca appunto legata inizialmente al culto dionisiaco presentante ampi risvolti mistici. Ecco perché è proprio la tragedia greca il genuino banco di prova della valentìa dell'uomo di cultura e del suo grado di profondità. Paradossalmente il recitante sparisce nella propria dimensione di solo attore e riappare quale persona e personalità al centro del tutto e che riesce a dare il significato più vero e centrale a tutta la rappresentazione oltre che al proprio personaggio. Siamo a livelli così inconsueti per cui dovrebbe bastare la visione dell'interpretazione di quel tipo di attore per far dire agli spettatori che è stata per quella interpretazione che l'autore, andando noi a ritroso, avrebbe pensato e poi scritto quell'opera. In realtà accade propriamente così in tempi più vicini a noi quando ci si riferisce a qualche attore o attrice di tanto elevato spessore da far sì che l'autore vi adeguasse le proprie opere. Aggiungo che dire però questo in attinenza al rapporto tra attuale attore e antico autore greco  rasenta l'impossibile. E' a queste vette che siede la personalità di Giorgio  Albertazzi. In passato, quando Albertazzi era giovane ma già acclamato artista,solo un altro attore ho visto tenere il passo di Albertazzi: era Gianni Santuccio e che i
Gianni Santuccio
migliori attori definivano il Maestro dei maestri. Intervistato in una vecchia trasmissione televisiva, Gianni Santuccio disse che era proprio vero: l'attore teatrale  deve avere una sua "pazzia",tra virgolette, riferendosi a  quell'aura di misticismo che anch'io ho citato prima. In conseguenza di tali riflessioni mie su Giorgio Albertazzi, ieri ho deciso di offrire la mia intenzione di partecipazione alla S.Messa domenicale in suffragio della sua anima!

sabato 12 novembre 2016

Il senso dell'Onore


prof. Antonio Carannante

Succede troppe volte,e non solo a una o poche persone ma a tante persone,di sorprendersi a pensare a quei pochi grossi princìpi che aiutano a districarsi nella vita.

Deve essere una esperienza che sempre accompagni la vita di tante generazioni,ma oggi c'è un motivo anche palese: non è vero che tutte le epoche si somigliano e le caratteristiche sarebbero sempre similari;oggi si percepisce una realtà di smarrimento che non offre precedenti almeno in epoche di pace.

Non deve spaventare come fosse terrorismo psicologico,ma è conseguenza di un accumulo di male attraverso lunghi decenni e anche secoli.

Quando si perde l'ancoramento all'oggettività e quindi a una verità che a noi preesiste e che noi non inventiamo ma semmai scopriamo,sembra succedere niente di particolarmente grave.

Il fatto è che noi uomini  viviamo di "tempo" e le cose tanto più gravi,sia nel bene che nel male, necessitano di tempo per apparire a noi nella loro più chiara valutazione.

Abbiamo finito col perdere nel tempo tante coordinate del vivere,che nel mondo occidentale le precedenti generazioni possedevano,e siamo pervenuti ai margini dello smarrimento di identità culturale manifesto largamente attraverso lo smarrimento del senso dell'Onore.
Papa Benedetto XVI in preghiera

Tutti,anche quelli senza scolarizzazione,e troppo spesso ormai,affermano con ferma sicurezza che il nostro mondo è corrotto e che l'Onore è una parola che non si trova nemmeno più in vocabolario.Non è affermazione eccessiva perché saltando la verità oggettiva ci si lega al proprio soggettivismo e gradualmente ci si adagia nel proprio benessere finendo con lo scivolare verso la perdita non avvertita dell'onore.

Si badi che questo succede nel mondo occidentale così come nel mondo romano nel tempo antico,mentre gli altri ambiti mondiali tengono sempre ferma la propria identità.

Confidiamo quindi che,così come l'allora giovane Cristianesimo elaborò un mondo nuovo per il nostro Occidente,anche oggi il Cristianesimo sanerà la genuinità del nostro Occidente.
Per tale considerazione sono nell'ottima compagnia del Papa emerito Benedetto XVI.